slide

nuove pompe jebao rw-8 e rw-15 la riproduzione dei pesci pagliaccio come rendere i coralli più colorati guida al metodo balling rabbocco automatico dell'acqua evaporata Pacific sun hyperionr2x150w

Luce,colori e coralli (www.Recifs.org) Traduzione e adattamento by Marco Grilli

Traduzione e adattamento di Marco Grilli
da un articolo di www.Recifs.org

Foto di Marco Grilli, dal suo acquario personale

Questo articolo non darà la ricetta miracolosa per evitare che alcuni coralli virino al marrone, ma cercherà  di spiegare come ciò possa avvenire nelle nostre vasche. Si affronterà il significato di pocilloporina, GFP, cromofori, e tante altre definizioni che adesso ci sembrano ostili e di aprire un capitolo riguardante una ricerca ancora in notevole espansione. Non si perderanno di vista 3 questioni fondamentali :

A) perché una volta nelle nostre vasche, i coralli non conservano per sempre i loro brillanti colori che avevano appena acquistati ?
B) Da dove provengono i colori così vari e brillanti ?
C) A cosa può servire questa colorazione ?

Bisogna necessariamente partire dalle basi. Il colore è una sensazione soggettiva che risulta dalla interazione tra la luce ed il nostro sistema sensoriale. Per comprendere il colore, bisogna capire la fisica della luce e le proprietà del nostro sistema visivo.


Il marrone è un colore , il bruno marrone è anche esso un colore anche se non è quello che noi preferiamo vedere nelle nostre vasche , soprattutto se proviene da una colonia che noi abbiamo acquistato per il suo bel blu ! Prima di addentrarci su come possa accadere una simile metamorfosi, dobbiamo ricordarci alcune nozioni di fisica. 

Chi è pratico sulle lunghezze d’onda e chi sa perché una macchina è di colore rosso e come si può farla diventare nera senza ridipingerla, può saltare questo paragrafo. La luce è onda elettromagnetica e come tale è definita dalla distanza che separa due oscillazioni ( o lunghezza d’onda espressa in nanometri ) e dal numero delle oscillazioni per secondo ( frequenza che si esprime in Hertz ,Hz ).

 
Il nostro occhio reagisce come un “catturatore” di onde elettromagnetiche ed è capace di recepire le lunghezze d’onda comprese tra circa 400 e 700 nanometri. L’insieme delle lunghezze d’onda comprese tra questi due estremi costituisce lo spettro della luce visibile. Al di sotto dei 400 nm vi sono gli ultravioletti, al di sopra gli infrarossi

 

La struttura sensibile dell’occhio, la retina, è costituita da molteplici recettori ( fotorecettori ) capaci di reagire differentemente e di trasmettere al cervello un segnale in funzione alla lunghezza d’onda che li colpisce.E’ grazie a questa particolarità che noi percepiamo i colori. Lo schema precedente indica la corrispondenza tra la lunghezza d’onda ed i colori che noi percepiamo.

La nostra retina contiene tre tipi di fotorecettori sensibili al blu, verde e rosso. Quella dei pesci ne possiede addirittura sei che sono sensibili agli UV, viola,blu, giallo e rosso; chissà come potranno apprezzare il colore del mondo che li circonda! La luce bianca, che ci sommerge quotidianamente, non è che la risultante della sovrapposizione di tutte le lunghezza d’onda dello spettro visibile. 

Se quello che ci circonda non è uniformemente bianco, è dovuto al fatto che le superfici non reagiscono allo stesso modo quando sono illuminate. Quando le differenti lunghezze d’onda sono assorbite in modo uguale, l’oggetto ci appare grigio; più vengono assorbite, più il grigio apparirà scuro, fino al nero quando tutta la luce è captata dalla superficie. 

Il colore appare quando la luce non è trattenuta in modo uniforme ma in lunghezze d’onda specifiche. L’automobile è rossa quando la luce bianca arriva sulla carrozzeria e tutte le lunghezze d’onda sono assorbite dai pigmenti che la ricoprono, ad eccezione di quelle rosse che sono rinviate ai nostri occhi. Ma se la luce non è bianca, cosa succederà? Proviamo ad illuminare la nostra macchina con una luce monocromatica blu o gialla . Questa fonte di luce non ha quasi il rosso e quindi pochissima sarà rinviata alla nostra retina : la vettura ci apparirà nera. In realtà le cose non sono sempre così semplici ed i colori che noi percepiamo non sono quasi mai monocromatici. Anche i colori primari ( blu,rosso e verde ) possono essere composti da un melange di differenti lunghezze d’onda.

Se abbiamo la percezione di due oggetti dello stesso colore non è detto che siano ricoperti dallo stesso pigmento; per fare un esempio il verde può essere dovuto alla riflessione di una lunghezza d’onda verde oppure alla riflessione di differenti combinazioni di blu e giallo ( come il verde delle piante ). Se siete riusciti ad arrivare fino a questo punto, vi chiedo un piccolo sforzo che vi permetterà di comprendere meglio quello che accade nelle nostre vasche reef. Abbiamo visto che i colori che noi percepiamo corrispondono alla sottrazione di una parte delle lunghezze d’onda della luce visibile ed alla interazione delle rimanenti ( le lunghezze d’onda non assorbite ) con il nostro sistema visivo. 

Dobbiamo adesso introdurre un altro concetto: alcuni corpi possono anche utilizzare l’energia che ricevono per produrre luce. Se l’emissione di luce avviene in assenza di liberazione di calore, si parla di “ luminescenza “ che si oppone alla “ incandescenza “ che equivale alla emissione di luce prodotta con riscaldamento . Per avere la luminescenza è necessaria una fonte di energia esterna. 

La luce non ha semplicemente tutte le caratteristiche di un’onda, ma può essere assimilata ad un fascio d’energia, energia che è legata a delle particelle senza massa, i fotoni. Esiste una relazione tra questi granelli d’energia e la lunghezza d’onda : l’energia di un fotone e tanto maggiore quanto più la lunghezza d’onda è minore. Molti coralli sono definiti “ fluorescenti “ e questa è una forma di luminescenza. I loro pigmenti , grazie all’energia luminosa apportata tramite certe lunghezze d’onda specifiche, producono propria luce con lunghezza d’onda maggiore di quella di origine. Questo fenomeno si può osservare quando guardiamo la nostra vasca illuminata da luce attinica ( blu ).

 Si tratta di fluorescenza e non fosforescenza poiché questa emissione si arresta appena si cessa di illuminare gli animali. In questo caso , contrariamente a quanto visto prima, il colore degli animali non è dovuto alla riflessione di una parte delle lunghezze d’onda della fonte luminosa, ma ad una produzione di luce da parte dei pigmenti corallini. In certi casi , l’animale non ha neppure bisogno di una fonte di energia esterna. Sono infatti capaci di utilizzare le proprie risorse energetiche per emettere luce. Si parla allora di “bioluminescenza“.

 Aequorea victoria

E’ il caso di numerosi animali delle profondità marine e di una particolare medusa, la Aequorea Victoria : è grazie agli studi su quest’ultimo animale che le conoscenze scientifiche sulla colorazione dei coralli hanno potuto progredire.

Adesso dobbiamo affrontare il modo di analizzare i modi per comparare due fonti luminose. Voi conoscete certamente la nozione di temperatura di colore attraverso i vostri acquisti di lampade HQI. Perché parlare di temperatura invece che di lunghezza d’onda? Semplicemente per poter comparare degli spettri luminosi. Abbiamo detto precedentemente che la maggior parte delle luci che ci circondano non sono monocromatiche, ma si compongono di un insieme di varie lunghezze d’onda.

Quando si parla di una fonte luminosa è necessario avere quindi un grafico descrivente le differenti lunghezze d’onda che compongono questa fonte.

 
Tutto questo non è molto pratico. Per fortuna la fisica ci viene in aiuto, poiché è stato dimostrato che quando un “corpo nero” emette della luce per incandescenza, il suo spettro dipende dalla sua temperatura. 

Questo vuol dire che conoscendola si può risalire al suo spettro. Si potrebbe dunque concludere che due fonti luminose da 10.000 K (in Kelvin, con K=273°C) dovrebbero avere degli spettri di lunghezza d’onda identici. Il problema è che un corpo nero si definisce come un corpo opaco, totalmente isolato, e le lampade sono molto lontane dal rispondere a questi requisiti. Nel caso di un corpo nero (come il nostro sole) lo spettro è continuo, ma nel caso delle lampade è discontinuo. 

Questo è dovuto al fatto che al loro interno differenti alogenuri metallici emettono ognuno il loro proprio spettro.

 

La temperatura di colore di una lampada HQI, o più precisamente il valore estrapolato,ci indica la sua lunghezza d’onda dominante piuttosto che il suo reale spettro. L’elenco che segue ci da qualche punto di riferimento.

Si noterà che a 5500 K un corpo nero emette circa la stessa quantità di energia in tutte le lunghezze d’onda, e si definisce il suo spettro “luce del giorno” (daylight). Al di sotto di questo valore la luce ha tendenza a virare verso il giallo, al di sopra verso il blu.

Luce di una candela: 600 K
Lampadina ad incandescenza da 75 watt: 2850 K
Lampada ad incandescenza da 150 watt: 3000 K
Lampada alogena (quarzo-iodio): 3400 K
Luce del giorno: 5500/6500 K
Cielo senza nubi: da 10.000 a20.000 K

Oltre alla qualità della luce, cioè il suo spettro, è altrettanto importante saper calcolare:

a) La quantità di luce prodotta da una fonte luminosa (in tutte le direzioni)
b) La quantità di luce che arriva sulla superficie studiata

Esistono molte unità di misura che traducono in fatto le differenti proprietà della luce che abbiamo enunciato fino ad adesso:

Il Watt, o watt/m2, fa riferimento all’energia consumata da una fonte luminosa.

Il Lumen, o lux, (1 lux= 1 lumen/m2).

Il micro einstein, che quantifica il numero di fotoni emessi o ricevuti da un corpo.

Il PAR (photosynthetic avalaible radiaton), che dà una misura della quantità di fotoni che arrivano su una superficie nella fascia di lunghezze d’onda corrispondenti alla luce visibile (tra 400 e 700 nm). È in questa porzione dello spettro che si trova il picco d’ assorbimento dei pigmenti della fotosintesi. Siccome i pigmenti non assorbono in maniera uguale in tutta la fascia 400/700 nanometri, ma a certe precise lunghezze d’onda, alcuni preferiscono utilizzare:

Il PUR (photosynthetic useable radiation) per quantificare il numero di fotoni realmente utilizzati dalle cellule fotosintetiche a precise lunghezze d’onda. Abbiamo preso in rassegna i principi della fisica che ci hanno spiegato perché noi vediamo i coralli colorati, adesso passiamo ad una domanda più concreta:

Perché i nostri ospiti cambiano colore una volta inseriti nelle nostre vasche? 

Non considereremo i cambiamenti dovuti solamente alla modifica dell’aspetto; abbiamo visto in precedenza che lo spettro della fonte luminosa ha un effetto diretto sulla colorazione ( vettura rossa /nera ) ,questo significa che rimpiazzare una lampada da 10.000K con una da 20.000K provocherà un cambiamento immediato del colore percepito. La fluorescenza è stimolata ed i dominanti gialli, rossi e marroni saranno cancellati.

 
 
 Foto di Marco Grilli, dal suo acquario personale

Non tratteremo quindi questi cambiamenti, ma quelli che accadono a medio e lungo termine sotto una determinata fonte luminosa. Sappiamo che la maggior parte dei coralli che vivono nelle nostre vasche ha come simbionti le zooxantelle. ( simbionte = organismo vivente insieme ad un altro con benefici reciproci )

 Questi simbionti sono alghe unicellulari e come tali sono capaci di trasformare l’energia luminosa in energia chimica per fabbricare degli zuccheri a partire dalla CO2 inorganica. Una parte dei prodotti sintetizzati dalle zooxantelle sono trasferiti alle cellule del corallo oppure servono da carburante e fonte di carbonio per i suoi bisogni di crescita.

(vedi articolo sulla nutrizione dei coralli qui )

Se questa particolarità presenta per noi il vantaggio di potere mantenere gli animali zooxantellati grazie all’apporto di una fonte luminosa, per contro esiste l’inconveniente di poter creare in certe condizioni l’imbrunimento del corallo. 

Esistono molte varietà differenti di zooxantelle ( molte dozzine di specie e sotto specie diverse ), ma hanno tutte il colore bruno dorato, colore che riflette l’assorbimento privilegiato delle lunghezze d’onda blu-verdi dell’apparato fotosintetico. Il colore apparente del corallo sarà quindi il risultato della miscela tra i colori dei pigmenti corallini e la dominante marrone delle zooxantelle, e le densità di queste due variabili. 

Il colore deriva dalla visuale dell’insieme di questi due fattori e dalle leggi biologiche che regolano la simbiosi corallo/zooxantelle. Per chi non avesse letto l’articolo sulla nutrizione del corallo, possiamo dire che per la crescita, i polipi hanno a loro disposizione due vie metaboliche 

A) utilizzare l’apporto delle zooxantelle e quindi indirettamente la luce e la CO2 : in queste condizioni il corallo diventa organismo fotoautotrofo 
B) utilizzare proprie vie cellulari, ma in questo caso, come in tutti gli animali, diventa obbligatorio trovare una fonte di energia esterna e dunque la necessità di alimentarsi.

In natura, queste due possibilità sono verosimilmente utilizzate simultaneamente o in proporzioni variabili secondo condizioni di illuminazione, di ricchezza di materia organica dell’acqua e di particolarità genetiche di specie. Per maggior parte la via delle zooxantelle  ha percentuale maggiore nella fornitura di energia. 

In assenza di uno sconvolgimento importante delle condizioni naturali, un equilibrio si crea tra le alghe simbiotiche ed il loro ospite ed il colore del corallo ne è il riflesso.
 “ Se i coralli non sono tutti marroni è dovuto al fatto che le condizioni e l’ambiente naturale permettono di mantenere delle quantità di zooxantelle sufficientemente scarse per non mascherare il colore dei propri pigmenti .”
- Il meno che si possa dire è che per un corallo, il passaggio dal reef alla vasca dell’acquariofilo, costituisce un cambiamento massiccio. L’imbrunimento di certi coralli riflette la messa in opera di un nuovo equilibrio che passerà dall’aumento del numero delle zooxantelle e porterà al mascheramento dei pigmenti -
Questo nuovo equilibrio sarà adottato stabilmente dal corallo che ne trarrà il massimo beneficio, infatti la crescita sarà mantenuta anche se il colore imbrunirà.
Una piccola parentesi personale sull’uso di prodotti schiarenti e favorenti la liberazione forzata di zooxantelle da parte del corallo. Personalmente reputo tale uso assolutamente da proscrivere poiché probabilmente provocheremmo uno stress alla lunga letale per tutta la colonia che cercava semplicemente di adattarsi alle nuove condizioni della vasca ospite. Se uno vuole avere colori impossibili da ottenere con la propria vasca farebbe meglio ad appendere un poster in camera oppure a mettere in una boccia dei coralli sintetici!!!
Riprendiamo il filo del discorso:
Dobbiamo dare una risposta alle nostre domande e cioè cosa succede in realtà ?

La più evidente è la carenza di illuminazione.

La luce attraverso le zooxantelle e fotosintesi è la fonte principale di nutrimento del corallo. Se le zooxantelle diventano meno efficienti per la diminuzione dei fotoni disponibili, un aumento del loro numero permette al corallo di ottenere la stessa quantità di energia necessaria alla crescita. L’imbrunimento è un fenomeno relativamente lento ( giorni ).

 Si assisterà riassumendo :

A) Illuminazione insufficiente 
B) Diminuzione dell’attività fotosintetica 
C) Abbassamento delle risorse energetiche del corallo 
D) Aumento del numero delle zooxantelle e mascheramento dei pigmenti
E) Ristabilizzazione dell’equilibrio energetico del corallo

Tutto qui? Magari, la realtà e molto più complessa.

Fino ad adesso abbiamo preso per buono che esiste la possibilità che le vasche in cui imbruniscono i coralli siano carenti di illuminazione e non si riesca a mantenere i livelli di fotosintesi che il corallo aveva in natura ( o nella vasca di allevamento ) Se avete letto l’articolo dall’inizio, saprete che il PAR ci da una buona indicazione dell’energia disponibile per la fotosintesi.

Si è constatato nello stesso tempo che le lampade da 6500 K sono molto meglio come PAR rispetto a quelle da 10.000 o 20.000 K, ma che se analizziamo lo stretto punto di vista della colorazione solo questi due ultimi tipi di lampade avranno i migliori risultati. Quindi meno fotosintesi : più colori ? Analizzeremo in seguito questo punto.

Inoltre, nel corso delle nostre esperienze acquariofile abbiamo notato che due talee di una stessa colonia di corallo, messe in due vasche con la stessa illuminazione, non avranno necessariamente la stessa colorazione, l’una potendo scurire, l’altra mantenere il colore d’origine.
La seconda spiegazione è fornita se analizziamo il ruolo dell’alimentazione nell’equilibrio energetico dei coralli zooxantellati.

Constatare che i coralli fotosintetici possono prosperare nei nostri reef casalinghi in assenza di una alimentazione mirata, non vuol dire che essa non giochi un ruolo importante in natura.

(qui potete  leggere un altro mio interessante articolo sul fitoplancton e zooplancton )

Anche se si è dimostrato che le zooxantelle sono capaci di assicurare anche più del 150 % del fabbisogno energetico del corallo come Acropora e Stylophora, è ugualmente descritto che queste specie sono grandi predatrici di plancton.

  
Foto di Marco Grilli, dal suo acquario personale,acropora

E’ dunque possibile che una parte più o meno grande delle risorse energetiche sia fornita dall’alimentazione, e le zooxantelle non rappresentino che un aiuto supplementare. Se messo in acquario, il corallo si trova privato di questo tipo di alimentazione e lo svolgersi delle modifiche potrebbe essere il seguente :

A) Carenza della fornitura alimentare per far fronte alle necessità energetiche
B) Aumento dell’attività metabolica delle zooxantelle
C) Aumento della quantità dei pigmenti fotosintetici delle zooxantelle
D) Aumento del numero delle zooxantelle
E) Ristabilizzazione dell’ equilibrio energetico del corallo

Risorse fornite adesso al 100% dalla fotosintesi e depressione dell’acquariofilo che si ritrova ancora una volta con una Acropora marrone !

Esiste anche una terza spiegazione:

Se prendiamo per buono che le nostre vasche non sono in grado di fornire delle prede sufficientemente piccole da essere ingerite dai coralli a piccoli polipi ( SPS ), dobbiamo anche considerare che esse a volte possono essere tutt’altro che carenti di sostanze disciolte.

E’ stato inoltre dimostrato che i coralli sono capaci di assorbire direttamente attraverso le loro membrane cellulari dei nutrimenti disciolti come: materia organica in soluzione (DOM), fosfati, nitrati. Di questa ulteriore fonte di alimentazione, il corallo ne ha dunque molto a disposizione. Delle concentrazioni molto elevate di nutrimenti disciolti potrebbero da sole , fornire un’altra spiegazione all’imbrunimento dei coralli. 

Questi composti sono degli eccellenti “concimi” e sono in grado di favorire la moltiplicazione autonoma delle zooxantelle e quindi di indurre il mascheramento dei pigmenti corallini.

A questo punto uno può restare interdetto, infatti:

1) Non nutrire i coralli ed accettare il rischio che si scuriscano per la diminuzione delle risorse energetiche
2) Nutrirli e rischiare di scurirli per aumento del DOM.
Non esiste una ricetta miracolosa che permetta di garantire il mantenimento nella vostra vasca il colore originale degli SPS acquistati. Certo, avere una illuminazione appropriata ed un’acqua di ottima qualità può contribuire ad aumentare le chances di riuscirci. Prendiamo in esame ora un punto interessante : Mentre riguardo ai pigmenti delle zooxantelle la cosa è chiara, sono i vettori della fotosintesi, a cosa possono servire i pigmenti dei coralli ? Sono di origine alimentare o sono sintetizzati dai polipi stessi ? Ma in realtà cosa è un pigmento?

Analizziamo la parola “ pigmento” : sostanza naturale colorata prodotta dagli organismi viventi, in particolare vegetali. 

La pigmentazione è : l’accumulazione dei pigmenti nei tessuti viventi o semplicemente la colorazione dovuta al pigmento. La nozione di pigmento è dunque sufficientemente ampia per inglobare delle sostanze di natura ed origine molto diverse.

Prima di addentrarci nella comprensione dei ruoli rispettivi dei pigmenti nei coralli fotosintetici, è meglio soffermarci sui punti principali di queste famiglie di molecole.

A)    pigmenti di origine animale
Iniziamo questo rapido excursus citando qualche molecola che sebbene rientri nella definizione sopra riportata di pigmento, non ci riguarda direttamente per il nostro hobby. 1) L’emoglobina è un pigmento di origine animale. La sua funzione principale è di trasporto dell’ossigeno. E’ composta di una parte proteica , la globina associata ad un composto non proteico, l’eme che contiene un atomo di ferro ionizzato ( Fe ++ ) . è all’eme che la emoglobina deve il suo colore rosso.

 
 

2) I pigmenti biliari sono dei prodotti di degradazione della emoglobina, il più importante è la bilirubina che gioca un ruolo nella digestione dei grassi. Danno alla bile immagazzinata a livello della colecisti ,un colore giallastro.

Siamo lontani dalla colorazione dei coralli direte voi,ma non tanto, poiché l’eme è molto vicino alla struttura che si ritrova nella clorofilla e che prenderemo in esame più avanti. 

Esiste un’altra classe di molecole prodotte dagli animali che ha un rapporto diretto con la colorazione: le melanine

L’ eumelanina il cui colore è situato tra il nero e marrone e la feoemelanina che è gialla arancione. Questi pigmenti sono prodotti a partire da un aminoacido, la tirosina, nelle cellule specializzate, i menalociti, situati negli strati basali dell’epidermide. Anche se la melanina è il principale responsabile del colore della pelle dell’uomo, essa interviene egualmente nella colorazione dell’epidermide di numerosi animali e dei pesci. Emoglobina, pigmenti biliari e melanina sono tre classi di pigmenti più conosciuti quando si parla di pigmenti di origine animale. Per origine animale si intende quindi quelli sintetizzati dagli animali, ma non sono i soli . Esiste una classe molto importante di pigmenti e sempre presente senza che sia sintetizzata direttamente dall’animale. Si tratta dei pigmenti “carotenoidi” prodotti esclusivamente dai vegetali, alghe, ed alcuni batteri. Hanno quindi nel regno animale una origine alimentare.

B) pigmenti di origine vegetale
Sono raggruppati sotto il termine di carotenoidi una famiglia numerosa di pigmenti (più di 300). Composti da una catena di atomi di carbonio e idrogeno ( come gli idrocarburi ) e più precisamente i caroteni sono composti da una catena di 40 atomi di carbonio le cui estremità formano dei cerchi

 

Questi pigmenti sono definiti “accessori” per la fotosintesi. Noi non descriveremo i dettagli delle reazioni chimiche della fotosintesi, ma poiché proprio grazie a questi riusciamo a mantenere i coralli nelle nostre vasche, analizziamo dei punti fondamentali. 

Tutti gli organismi fotosintetici sono capaci di produrre dei composti organici a partire dall’acqua e dalla CO2 utilizzando l’energia luminosa. La reazione può essere schematizzata come segue :

nCO2 + nH2O + luce -> ( CH2O )n + O2 in cui (CH2O)n rappresenta uno zucchero.

Numerose reazioni sono messe in gioco nella fotosintesi, ma portano sempre a due reazioni fondamentali:

1) La prima permette di convertire l’energia luminosa in energia chimica attivando un elettrone della clorofilla. Questa divenuta instabile, cede l’elettrone ad un eccettore di elettroni e ritorna al suo stato di origine recuperando l’elettrone perso. La clorofilla lo prende da una molecola d’acqua che si trasformerà: H2O -> O2 + 4 H+ + 4 e-

2) La seconda categoria di reazioni non comprende reazioni che necessitano la luce. In questa tappa, è l’energia chimica prodotta precedentemente che è utilizzata per la trasformazione della CO2 in zuccheri :

CO2 + 4 H+ + 4 e- -> CH2O + H2O Il bilancio totale delle reazioni sarà :

2 H2O + CO2 -> CH2O + H2O + O2 poi -> H2O + CO2 -> CH2O + O2

Tre tipi di pigmento possono essere messi in gioco nel processo di fotosintesi luminosa :

a) le clorofille a, b, c .
esse sono costituite da una catena di 20 atomi di carbonio attaccati ad un nucleo la cui struttura assomiglia all’eme della emoglobina ( nella emoglobina il magnesio è rimpiazzato dal ferro ).
b) i pigmenti carotenoidi sono definiti come pigmenti accessori della fotosintesi poiché l’energia luminosa che assorbono non è direttamente utilizzata ma è trasferita alle molecole di clorofilla con le quali sono strettamente collegati. 

Essi giocano un ruolo fondamentale poiché permettono di allargare lo spettro di lunghezze d’onda utilizzabile per la fotosintesi. Abbiamo visto in precedenza che la luce è capace di attivare un elettrone della clorofilla. In realtà, solo certe lunghezze d’onda hanno questa possibilità e corrispondono alle lunghezze d’onda assorbite dalla clorofilla essendo le altre riflesse.

Sono assorbite le lunghezze d’onda corrispondenti al blu ed al rosso e sono riflesse il giallo e soprattutto il verde ( il colore delle foglie alla luce del giorno è determinato da questo tipo di assorbimento ) .

>>>>>> SE ESISTESSE SOLO LA CLOROFILLA, LE LUNGHEZZE D’ONDA SITUATE TRA 500 E 600 nm NON AVREBBERO ALCUNA FUNZIONE NELLA FOTOSINTESI <<<<<<

E’adesso che intervengono i diversi pigmenti accessori della fotosintesi che assorbono la luce in una banda di lunghezze d’onda più ampia della clorofilla e che, anche se non possono da soli realizzare la fotosintesi, sono capaci di attivare le molecole di clorofilla. 

La conseguenza è dunque per gli organismi che ne sono dotati di una migliore utilizzazione dello spettro solare. Infine in relazione ai loro differenti spettri di assorbimento, i carotenoidi sono dei pigmenti di colore giallo, arancio e rosso. Sono questi che danno i colori alle foglie in autunno quando in questo periodo la clorofilla sparisce.

c) la terza categoria di pigmenti legati alla fotosintesi raggruppa le cosiddette phycobiline che come i carotenoidi sono pigmenti accessori della fotosintesi, e che sono presenti essenzialmente nelle alghe e batteri.

Contrariamente alle clorofille, i pigmenti carotenoidi sono presenti in tutta la catena alimentare. Essi sono presenti negli animali sia sotto forma libera che associati a lipidi o proteine – carotenoproteine o carotenilipoproteine . Sono all’origine della colorazione della maggior parte degli invertebrati marini, alla colorazione del rivestimento degli echinodermi, dei molluschi, dei crostacei, ma anche dei vertebrati che se ne cibano ( colore rosso della carne del salmone ). 

Nei pesci , questi pigmenti sono localizzati, come la melanina, a livello delle cellule specializzate della pelle. I carotenoidi non si limitano alla colorazione, ma sono anche precursori come il betacarotene della vitamina A.

I pigmenti dei coralli zooxantellati 

Come detto precedentemente, i tessuti dei coralli zooxantellati danno asilo a delle alghe unicellulari: le zooxantelle. Queste ultime sono dei dinoflagellati del genere Symbiodinium presenti la maggior pare del tempo a livello del gastroderma dei polipi (il secondo strato di cellule dei tessuti corallini). 

Le zooxantelle essendo fotosintetiche, contengono i pigmenti caratteristici dei vegetali, e notoriamente la clorofilla a e b, i carotenoidi e la phycobillina. Il colore bruno-dorato delle zooxantelle, è un riflesso dei differenti spettri di assorbimento di questi pigmenti ( situati essenzialmente a livello delle lunghezze d’onda blu-verdi ). I coralli però appartengono al mondo animale ed i pigmenti carotenoidi che si trovano all’interno dei loro tessuti possono anche essere di origine alimentare. In caso di coralli non fotosintetici, questo tipo di pigmento proviene esclusivamente dall’alimentazione. 

I colori arancione delle Tubastree per esempio, contengono una grande quantità di carotenoidi che sono verosimilmente all’origine della loro colorazione così particolare. Questo stesso colore arancio è dovuto nel caso della Montastrea cavernosa a dei cianobatteri simbionti contenenti una grande quantità di carotenoidi.

 foto di Nando D’Amora, dal suo acquario personale,tubastrea

Alcuni pigmenti corallini identificati recentemente appartengono ad una classe non ancora presa in esame fino ad ora, ma il cui ruolo nella colorazione dei coralli è preponderante : le Cromoproteine. Questi pigmenti proteici sono al centro di numerosi lavori di ricerca da molti anni. Per la prima volta nel 1995, una equipe australiana isola il componente responsabile della colorazione rosa delle pocillopora e delle acropore.

In questi due casi, si tratta di una stessa proteina che essendo stata trovata per la prima volta analizzando il colore di una pocillopora, fu denominata Pocilloporina

 
 Foto di Marco Grilli, dal suo acquario personale,Pocillopora

Delle proteine similari furono ritrovate nelle varietà rosa di pocillopora, di seriatopora hystrix, di stylophora pistillata ed in colonie blu di acropora formosa o digitifera.

 
 Foto di Marco Grilli, dal suo acquario personale,stylophora

Altri studi hanno confermato queste scoperte e ritrovato delle proteine similari in tutte le specie di coralli zooxantellati studiate. Le pocilloporine e le proteine di questa famiglia saranno dunque responsabili della colorazione rosa,blu,gialla ma anche verde ( per miscelazione dei precedenti ) di questo tipo di coralli. 

Parallelamente a questi lavori altri studiosi hanno analizzato la fluorescenza dei corali. Come visto precedentemente, il colore che noi percepiamo in caso di fluorescenza, non è la riflessione della fonte luminosa ma la produzione di luce da parte dei pigmenti stessi.
  
L’energia luminosa fornita dalla fonte luminosa esterna ( in questo caso sotto forma di radiazione blu ) è captata da certi atomi dei pigmenti. Questi passano dallo stato stabile a quello eccitato, dovuto al passaggio dei loro elettroni da una orbita ad un’altra. Il ritorno degli elettroni al loro stato iniziale fornisce energia sotto forma di una radiazione di lunghezza d’onda più grande rispetto a quella iniziale. Da qui il passaggio dal blu al verde.

Questa proprietà di certi coralli è descritta da numerosi anni. Per curiosità , sono i lavori su una piccola medusa totalmente trasparente che hanno permesso di arrivare a queste conclusioni. Aequorea victoria è una piccola medusa comune nel pacifico del nord che può in seguito ad una stimolazione meccanica, emettere un flash di luce verde. Due proteine intervengono in successione nel corso del processo, L’aequorina e la GFP ( green fluorescente protein ). La fissazione di un atomo di calcio sull’aequoprina permette la sua attivazione e il passaggio allo stato eccitato del suo cromoforo. 

Quest’ultimo ritorna allo stato stabile emettendo una radiazione blu di 470 nm. Questa radiazione luminosa è allora assorbita dal GFP che ritorna allo stato stabile emettendo una radiazione verde di 508 nm. Nel caso della Aequorea victoria, c’è dunque nello stesso tempo bioluminescenza ( produzione di luce in assenza di una fonte di luce esterna ) e fluorescenza prodotta attraverso la GFP I lavori effettuati su questa medusa hanno spinto gli studiosi ad allargare le ricerche ed esse sono approdate alla scoperta della proteina GFP in numerose varietà di coralli duri ( acropora ) , molli ( discosoma, zooantidi ) ; tale proteina è la responsabile della loro fluorescenza e dei loro sfavillanti colori verdi e rossi sotto la luce attinica. 

Pocilloporina e GPF sono responsabili dei colori che noi tanto cerchiamo di conservare nei nostri acquari e nel 2001 una equipe di studiosi ha dimostrato che la GPF appartiene alla stessa famiglia delle pocilloporine

A) le proteine fluorescenti proteggono i tessuti corallini dai danni degli UV-A
Circa il 99% degli UV ( lunghezza d’onda da 10 a 380 nm) che raggiungono la terra sono degli UV-A ( 315-380 nm ). Anche se essi hanno meno energia rispetto agli altri UV, sono però più penetranti. 

Contrariamente agli UV-B, essi attraversano senza problema le pareti cellulari  per penetrare nel cuore delle cellule che possono essere danneggiate irreversibilmente. E’ dunque importante per un essere vivente potersi proteggere efficacemente. Se prese singolarmente, le proteine fluorescenti potrebbero apparire di debolissima capacità protettiva per il corallo, ma la maggior parte dei coralli contiene svariati tipi di proteine fluorescenti di colore e di spettro di eccitazione differenti.

Il colore percepito è la risultante di queste diverse emissioni. Analizzate separatamente, gli spettri di eccitazione e di emissione delle proteine fluorescenti blu ( PFb ) o verdi ( PFv) estratte da certe varietà di Acropora nobilis e di pocillopora damicornis hanno le caratteristiche seguenti :

PFb : picco di eccitazione a 340 nm, picco di emissione a 480 nm PFv : picco di eccitazione a 486 nm, picco di emissione a 516 nm

Le corrispondenze tra questi picchi di emissione e di eccitazione lasciano pensare che le associazioni di molteplici GFPs nei tessuti corallini permettono di modulare l’azione della luce sui tessuti. Se ragioniamo sull’esempio sopra riportato, l’associazione delle due proteine fluorescenti potrebbe portare alla seguente catena di avvenimenti :

UVA ( 380nm ) => PFb => 480 nm => PFv 516 nm

Questo tipo di reazione permette di trasformare una radiazione di forte energia come gli UVA in radiazioni di maggiore lunghezza d’onda e di più debole energia e meno nocivi per i tessuti corallini e per le zooxantelle.

Le proteine fluorescenti proteggono le zooxantelle dalle troppo forti quantità di luce.

Bisogna ricordare, anche se sembra in primo impatto strano, che le lunghezze d’onda utili per la fotosintesi possono divenire nocive a forti dosi. Livelli di illuminazione possono oltrepassare le capacità fotosintetiche dell’ organismo conducendo ad un surplus di sotto prodotti della fotosintesi nocivi per il cloroplasto. Si parla allora di fotoinibizione ed essa si materializzerà con una diminuzione di fotosintesi. 

E’ stato dimostrato che l’insieme di diversi picchi di eccitazione e di emissione delle proteine fluorescenti porta in certe specie di coralli alla produzione di lunghezze d’onda inattive per la fotosintesi ( tra 550-650 nm ) che porterà ad una diminuzione del rischio legato ad un eccesso di illuminazione. Analizzando tre diverse varietà di acropora palifera, fortemente, mediamente o poco fluorescenti, si è visto che le forme più fluorescenti erano meno sensibili delle altre a forti livelli di illuminazione ( fotoinibizione diminuita ) e che il ritorno ad una attività fotosintetica normale era più rapida. 

Questi risultati si sono visti anche su altri coralli come acropora nobilis, pocillopora damicornis, goniastrea retiformis.

B) Le proteine fluorescenti allargano lo spettro delle radiazioni utili per la fotosintesi
Gli stessi meccanismi descritti sopra possono portare, nel caso di coralli cresciuti in zone di debole illuminazione, come le zone più profonde del reef, ad una migliore utilizzazione delle radiazioni luminose disponibili. 

Certe associazioni di proteine fluorescenti possono così trasformare le radiazioni non attive per la fotosintesi ( 300-400 nm ) in radiazioni utilizzabili dalle zooxantelle : 420- 495 nm e 640-700 nm . Il beneficio per i coralli sarebbe tanto più vitale quanto più sono situati in profondità.
L’azione fotoprotettrice od fotoamplificatrice di questa famiglia di proteine dipenderà dunque dalle caratteristiche dei differenti spettri di assorbimento delle proteine fluorescenti e delle differenti interazioni che questi spettri possono avere tra essi in seno al tessuto corallino.

C) Questo doppio meccanismo di protezione /amplificazione degli effetti della luce si trova nella localizzazione delle proteine fluorescenti in seno ai tessuti corallini.
L’esame dei tessuti corallini mostra che le proteine fluorescenti sono presenti sotto forma di microgranuli organizzati in strati più o meno densi, sia sotto forma libera tra le cellule o anche all’interno delle stesse. Nelle specie sottoposte a forti intensità luminose, le cromoproteine sono situate al di sopra degli strati tessutali contenenti le zooxantelle. 

Esse saranno quindi in grado , non solo di trasformare le radiazioni luminose prima che raggiungano le zooxantelle, ma ugualmente , riflettendole, di diminuirne la quantità di luce. Questo meccanismo può essere controllato dal corallo stesso, inoltre come possiamo osservare nelle nostre vasche, le GFPs dei coralli fortemente illuminati si concentrano più frequentemente nelle estremità di crescita più fortemente esposte alle forti intensità luminose. Inversamente, nelle specie acclimatate a deboli livelli di luce, le proteine fluorescenti si trovano sotto le zooxantelle e focalizzano la luce verso queste ultime, permettendo all’animale di migliorare l’utilizzazione delle scarse radiazioni luminose. 

Se queste localizzazioni delle GFPs sono regolate dinamicamente dalla intensità luminosa, cosa succede nelle nostre vasche ? Forti illuminazioni favoriscono in qualche modo la migrazione od il mantenimento delle cromoproteine al di sopra delle zooxantelle e di conseguenza le colorazioni verdi, rosse, o blu saranno più percettibili. Queste cromoproteine nei coralli fotosintetici giocano un ruolo fondamentale nell’adattamento di questi animali al loro habitat luminoso e noi “giocando “ con gli spettri luminosi delle plafoniere possiamo cercare di preservare la bellezza originale del pezzo appena arrivato e comprato per il suo bel colore. Adesso sappiamo cosa succede in realtà e che il cambiamento di colore dell’animale è un suo adattamento al nuovo stile di vita per poter meglio sopravvivere.
 Non cerchiamo rimedi artificiali per costringerlo a mantenere o riacquistare colori perduti perché operando egoisticamente per la sola gioia dei nostri occhi lo faremo soffrire inutilmente!
by (Marco Grilli)
(La traduzione, anche parziale, di questo articolo è stata autorizzata dall'autore)


Questo e tanti altri meravigliosi articoli, li trovate disponibili anche qui 
Ringrazio il forum Acquaritalia (con il quale collaboro) ed in particolar modo l'amministratore Mauro Milanesi, per avermi autorizzato alla pubblicazione dell'articolo.

Daniele Russo

Nessun commento:

Posta un commento